REAL TIME REAL SOUND - QUELLO CHE ASCOLTO MINUTO PER MINUTO-

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mercoledì 26 maggio 2010

sabato 15 maggio 2010

pausa pranzo


Cazzo ma il volume è troppo alto. Parlano di calcio in tv ed il volume è altissimo. Sto appollaiato su un trespolo in prossimità della porta, questo posto è sempre pieno di guardie giurate, impiegati dall'incerto futuro e nullafacenti affaccendati. Le voci dei clienti lottano col volume del televisore sparato nell'impianto di amplificazione.

E' in momenti come questi che mi sembra che la mia vita debba ancora cominciare... come se stessi tenendo il posto per un altro. Alla fine il risulatato è che mi sento completamente dissociato da quel che mi circonda:


scena 1: sto seduto su uno sgabello, gli occhi socchiusi, guardo fuori

scena 2: sto in piedi, appoggiato al paraspigolo di metallo temendo che una scarica elettrica vagante mi fulmini

scena 3: sto col gomito appoggiato alla mensola, scarico il peso del mio corpo su quel pezzo di pelle che scrocchia sotto l'ossso.


Il corpo sta seduto, oppure appoggiato, oppure non so dove... la mente, invece, è a mezz'aria, grosso modo all'altezza del fancoil ed osserva me, di sotto, con un certo distacco ed alterigia.

Intanto evito accuratamente di incrociare lo sguardo dei presenti, temo di essere coinvolto nella discussione imperniata su qualcosa, che, qualcuno ha fatto a non so chi, in... non so quale campo di gioco.

Ho finito di mangiare, ma sento che il timballo di pasta è rimasto incolonnato lungo l'esofago.Ho urgente bisogno di acqua quindi rivolgo, incautamente, lo sguardo verso C. ma la distrazione mi è fatale:


C. : "Ma tua hai visto? quando uno colpisce così è proprio pecchè vo fà male!

Io: mmh , ma chi?

C. Totti!

Io: cosa è successo?

C.: ma tu non segui 'o pallone

Io: no... non me maj piaciuto [alzo il tono della voce, per superare il volume della tv, ma mi esce una voce stridula che mi procura un bruciore alla faringe]

C.: tanto l'avevo capito


Fisso il fondo oscuro dei miei pensieri e comincia un dialogo interiore mi domando: che vuol dire, "tanto l'avevo capito", ma, la mia voce reale, sonora dice: quant'è? ..... Troppo tardi per chiedere l'acqua.


Misuro la mia sete; quanta sete ho? ... Tanta!

Estatico, guardo sul marciapiede di fronte un gabbiano enorme. La bestia cammina spavalda ed incurante delle sue dimensioni, soprattutto non si cura del suo esser così fuori luogo. [Da tempo in questa città i gabbiani si sono piccionizzati, spesso camminano per strada come se fossero dei piccioni ipertrofici.]

Guardando il gabbiano ripenso senza ragione a Totti e mi dico: mò che torno in ufficio controllo in internet cosa è successo.

Intanto vado verso il baretto ... lì col caffè mi daranno sicuramente un po' d'acqua.


Da Lunedì mangerò più leggero: Seitan sale iposodico ed un filo d'olio

giovedì 4 marzo 2010

No Smile. No Flower. Nowhere


Sole caldo, cielo azzurro ed un muro di gente.
Spesso il sabato pomeriggio è fatto così.
In giro senza mete precise.
Saldi, vetrine e tanta gente da coprire l'asfalto.
La città, se è grande come questa, ti fagocita.
Seguo ogni tanto una schiena, una fisionomia, il frammento di un profilo che non ho visto bene, lo seguo di soppiatto con lo sguardo e lo completo con l'immaginazione.
Seguo le voci e frammenti di discorsi e li completo con l'immaginazione.
Vedo un braccio, una gamba tornita sotto un corpo sbagliato e li completo con l'immaginazione.
Aggiungo una conoscenza intima a tutti questi frammenti.
Mi sono perso, o forse no. Cammino con altri al mio fianco, ma è come se fossi solo.
Sono con me, ma i pensieri sono vaporosi ed inutilmente si formano e velocemente dileguano nel nulla.
Mi sento stupido.
Inseguo fantasie costrutite dettagliatamente partendo dall'orlo di un cappotto mosso dal vento.
C'è tanta gente.

giovedì 24 settembre 2009

SETTEMBRE

S. Metti il caso che anche a me scoccia di stare a casa tua durante i fine settimana, non faccio tante storie.

A. Ma non è questo il problema ... il fatto è che non ho voglia di stare chiuso in casa.

S. La verità è che quando sei qui " hai la neve in tasca"



[4048'44.15''N]

[14°10'44.15''E]


GOLFO DI POZZUOLI

Camminiamo controvento e, come spesso capita negli ultimi tempi, non si parla. Ognuno segue il filo dei propri pensieri o magari si chiede perchè non abbiamo nulla da dire. In verità non mi pesa il silenzio, anzi lo trovo una conquista: passeggiare e non sentire il dovere di conversare. Il vento è piacevole ne caldo ne freddo e produce una specie di rombo strisciando sulle orecchie. Il paesaggio è bellissimo, soprattutto perchè visto dalla distanza giusta, la distanza che nasconde quello che non va. L'armonia, le forme geometriche del paesaggio con i tronchi di cono ed i trapezi dei vulcani flegrei, non l'ho mai ritrovata altrove. Il pontile punta in direzione di Capo Miseno [qui anche i nomi evocano la storia antica] che chiude il golfo ad ovest, dietro c'è la Terra Murata di Procida e la forma appuntita dell'Epomeo di Ischia.









[40°47'54.78''N]

[14°10'43.91''E]


PARCO VIRGILIANO _ CAPO POSILLIPO


Un posto che amo. Qui provo l'ebbrezza del volo e solletico la mia paura per l'altezza. Non siamo su un baratro, ma, le terrazze a strapiombo e di fronte il mare senza fine, mi depurano la mente. Su questa punta si ha un vista delle due parti del golfo: l'ansa napoletana e quella puteolana e si passa in poco tempo da due nature diverse dalla flegrea alla vesuviana con la corona calcarea di Capri e Sorrento che chiude verso Est. All'odore del mare qui si unisce il profumo delle foglie bagnate e marcite dalle ultime pioggie


















Il Vesuvio si nasconde dietro un cappello di nuvole, forse le stesse che ho usato io per nascondere alla mia attenzione, dietro lo stordimento della natura, le ragioni di quel silenzio le ragioni della fatica o del desiderio di parlare.

[photo_by camera phone]

giovedì 9 luglio 2009

ripiegamenti sull'io

selfpics






Narciso è ferito

venerdì 3 aprile 2009

smothered in memories

Vira verso il grigio, le ombre blu elettriche danzano sui muri della stanza, annullano la distanza e mi vengono incontro. La mia pupilla si espande e restringe ritmicamente.
Ma ogni tanto mi pensi ancora?


C'è poca luce nella stanza, le immagini si sdoppiano riflesse sul pavimento. Mi tolgo le scarpe.
Stasera ci sono ricordi incollati alla mente che non riesco a distinguere.
Ma ogni tanto mi pensi ancora?

Penso a .... sto pensando a nulla. C'è! Si qualcosa c'è che... ma va in profondità e sparisce.
Ma ogni tanto mi pensi ancora?

Devo aver perso qualcosa. Sul video storie di amore in frantumi.
Ma ogni tanto mi pensi ancora?












Vira verso il grigio, le ombre blu elettriche danzano sui muri della stanza, annullano la distanza e mi vengono incontro. La mia pupilla contiuna ad espandersi e restringersi ritmicamente.

La pancia del mio gatto si gonfia e svuota con regolarità. Voglio toccarlo e dunque appoggio il mio orecchio sul suo pelo dorato e soffice. Con la testa all'altezza del pavimento la stanza è spaventosamente grande.

Ma ogni tanto mi pensate ancora?

lunedì 9 febbraio 2009

shame




Perchè poi in fin dei conti un cielo nuvoloso non mi dispiace,
P erchè in fin dei conti temo il freddo ma non mi dispiace,
Perchè in fin dei conti il sole dopo un pò mi stanca ed una giornata di vento non mi dispiace,
Perchè in fin dei conti essere un pò triste a volte non mi dispiace,
Perchè in fin dei conti l'idea di vivere da una altra parte non mi dispiace,
Perchè? in fin dei conti?

giovedì 29 gennaio 2009

trecento all'ora


Ho sbirciato tra le doghe delle imposte per riuscire a vedere un pezzetto di cielo. Ho freddo mi tremano le ginocchia e non riesco a fermarle, ho indosso un vecchio maglione di A. pieno di buchi. Non ho un pigiama in questa casa, potrei averlo ma poi non ne ho mai portato uno. Di notte, qui, dormo con questo vecchio maglione di cashmere grigio antracite.
Fuori è ancora buio, anche se dietro la sagoma del vesuvio c'è un bagliore di luce che anche oggi non riuscirà ad essere sole per questa fitta coltre di nuvole nere che è cielo da non so più quanto tempo. Le luci delle gru del porto sembrano fortissime nonostante la distanza.
Vorrei tornare a letto, rimettere i miei tappi, ficcare la testa sotto il cuscino e rannicchiarmi con la mano nelle mutande.
Invece vado in cucina butto giù la pillola che prendo ogni mattina, da ormai quasi un anno, insieme ad un tappo di succo di agave e, mentre scivola lungo l'esofago, mi chiedo, anche oggi, se la combinazione di queste due cose può nuocermi. Con il collo retratto tra le spalle mi allontano dal pavimento freddo della cucina dirigendomi verso il più confortevole pavimento in legno delle altre stanze e, senza pensarci troppo, mi spoglio e faccio la doccia. L'acqua in questa casa ha un getto debole, non è copiosa come piace a me, faccio la doccia al buio anche questo come piace a me. Non mi allontanerei più dal getto d'acqua; ruoto il mio corpo attorno all'asse dell'acqua, ciclicamente, così da scacciare il freddo che si impadronisce delle parti scoperte. Ho un treno tra poco più di un'ora e non posso rischiare di perderlo, questa lotta tra indugio e senso del dovere mi appare come la metafora di molte mie giornate.
Chiudo l'acqua, mi asciugo, mi vesto con le cose che avevo deciso di indossare già dal giorno primo, controllo di aver la pen drive e vado via.
Le scale di casa di A. sono quelle tipiche dei palazzi napoletani antichi, sono aperte sul cortile sono piene di piante ed eleganti nel loro gioco ardito di archi e volte rampanti. Non fa freddo come temevo ma il pezzo di cielo che vedo ritagliato nel quadrato del cortile non promette niente di buono. Non è ancora del tutto giorno e non c'è nessuno in giro. Le vie che mi conducono verso la metro più vicina sono pavimentate con basoli lucidi e zuppi di pioggia, guardo il gioco di riflessi che produce la luce dei lampioni mista alla luce del giorno che nasce. Ho di nuovo freddo, forse è il sonno ed il desiderio di stare ancora per un poco a letto. Le scale della stazione mi ingoiano, scendo contro il vento tropicale che sale dalle viscere artificiali della terra, questa aria calda intensa mi fa lacrimare gli occhi, giù, a decine di metri sotto, mi ritrovo sulla piattaforma insieme ad un'altra persona che si è sistemata sull'ultima panchina. Comincio ad aver paura di non aver calcolato bene i tempi, devo prendere un treno di questa linea scendere tra una stazione per prendere la metro dell'altra linea e quindi arrivare alla stazione centrale. Alla stazione museo scendo e corro sui tapis roulant del lungo tunnel che collega le due linee faccio di corsa le scale che mi portano giù ai binari della stazione cavour e prendo un treno al volo.... salvo blackout crollo delle gallerie attentati o deragliamenti dovrei farcela.

Sono sul treno per Roma vedo scorrere alla mia destra le superfici di vetro degli uffici del centro direzionale hanno un colore intenso sembrano puliti per la pioggia che ha lavato tutto, questi monoliti si stagliano gelidi con un aria di sfida e al contempo di precaria provvisorietà sullo sfondo di un cielo "blu violet lake"come il blu della mia collezione di pastelli Derwent che usavo quando ero studente di architettura. Il treno scivola veloce tra le maltrattate periferie di questa città che ha volte sa essere veramente orrenda. Come al solito non riesco a leggere o fare altro, l'attrazione verso quello che scorre al di là dei vetri mi ipnotizza, ascolto la musica e guardo lo scorrere sconfortante di case indecorose che accerchiano per chilometri la città si passa da un paese all'altro senza accorgersene se non fosse per i cartelli delle stazioni. Poi cominica la campagna quella piatta ed insulsa del basso casertano tutte le strade che si affiancano alla ferrovia sono coperte da striscie senza fine di cumuli di spazzatura di ogni tipo che lambiscono tutto e straripano nei viottoli dei campi, fuori dal muro di cinta di un allevamento vedo una bufala morta gambe all'aria tra frigoriferi e balle di polistirolo. Balle di polistirolo e rifiuti di ogni tipo contaminano ogni cosa, non riesco a capirlo il suicidio collettivo di questa terra. Chiudo gli occhi per un tratto, mi prendo un grande sconforto. Quando il treno è nei pressi di Sessa Aurunca il paesaggio cominica ad articolarsi anche la campagna ha un aspetto diverso è bella da vedere, tra un po passerò il Garigliano e sarò in Italia

lunedì 19 gennaio 2009

almost a sunny day

A volte in giro per le strade di Napoli, faccio degli scatti.
A volte mi colpisce quello che vedo
A volte lo scatto mi serve come promemoria di un pensiero che mi tornerà in mente per un po' ogni volta che rivedrò quella immagine. So che non durerà a lungo prima o poi il collegamento tra questi due elementi si perderà, verrà sovrascritto da un altro pensiero, da un altra emozione che per un attimo mi salirà alla gola e mi spingerà a fermare tutto e tentare delle strategie di connessione.
A volte costruisco delle teorie che smontano le mie fissazioni e mi dimostrano la loro inutilità, ma poi me ne dimentico, tutta la costruzione è un castello di carte senza nessuna utilità o dimostrazione di abilità o chiarezza d'intenti.
A volte le sequenze di immagini sono come dei rebus senza lettere, ma, per me che le osservo, raccontano una mia fissazione oppure un mio sogno ad occhi aperti.... per un po'... ma poi di nuovo so che lo dimenticherò, ma so anche che, quando ritornerò in quel luogo, ritornerà quel pensiero o quel ricordo o quella nostalgia intensa che ho provato. Almeno per un po'.... poi me ne dimenticherò.








in giro a NAPOLI una domenica mattina

martedì 13 gennaio 2009

HANGING

[Vulnerabilità e ricerca di equilibrio]
"Molte persone sono così ossessionate dal passato che ne muoiono. [...]
E' che il passato per alcuni ha una tale presa e una tale bellezza... non puoi fermare il presente. Devi solo abbandonare ogni giorno il tuo passato e accettarlo, se non riesci ad accettarlo allora devi ricrearlo, che è quello che ho fatto."
_Ode a L'oubli L.B._







"Voglio condoglianze per quello che ho perso per sempre, voglio conforto per quello che lo sostituirà: l'eterna speranza è sempre una delusione ma resta invitta. È uno stato di lutto eterno inframmezzato da desolata disperazione, nuove ambizioni e sublimazioni".




NAPOLI domenica 11 gennaio 2009 Luoise Bourgeois a Capodimonte